Loris Arbati è poeta e scrittore. Responsabile dell’Officina Culturale di Livergnano, tiene lezioni di educazione ambientale nelle scuole e organizza passeggiate didattiche per far conoscere l’Appennino e le sue tradizioni.

Negli ultimi anni l’Appennino Tosco-Emiliano ha manifestato una vocazione culturale e artistica di grande livello. Questo anche grazie a chi, come lei, ha contributo alla riscoperta di radici e tradizioni dimenticate creando interesse in ambito turistico ma anche per le stesse popolazioni del luogo. Officina cultura è infatti uno dei principali artefici di questo fenomeno. Da cosa si è sentito particolarmente ispirato per questo processo creativo?
Essere nati in un luogo, e non capirne le eccellenze, le potenzialità, è un classico. Anche a me è capitata la stessa cosa. La consapevolezza di vivere e godere dell’Appennino l’ho acquisita con i trent’anni. Da quel momento in poi si sono fuse: la passione per la letteratura, le arti in genere, scoperte un decennio prima grazie ad alcuni Maestri montanari, ”responsabili” anche di avermi guidato alla scrittura e fatto scoprire la storia ”minuta” del nostro territorio, mentre la passione per la Natura selvaggia, l’amore per il territorio, le tradizioni contadine le ho apprese, ”immagazzinate”, quindi descritte nei miei libri, – dai filosofi della terra -, ovvero gli anziani, i detentori del sapere. In sintesi a trent’anni ho aperto gli occhi sull’Appennino. Da lì è iniziato un percorso mi ha portato a creare le passeggiate didattiche, l’insegnamento dell’educazione ambientale nelle scuole, l’Officina Culturale, soprattutto a staccarmi dalle specificità della saggistica, per dedicarmi a scrivere di Appennino: l’ambiente naturale, la storia di chi vi ha vissuto, l’economia agricola-artigianale, il campanilismo, eccetera eccetera.

Quali sono stati i segnali di incoraggiamento che l’hanno convinta a perseguire questi obiettivi?
Il disagio che anno dopo anno provavo vedendo il territorio svuotarsi e trasformarsi, in mano, non più ai montanari, in grado di mantenere
l’Appennino vivo e produttivo: produttore di cibo di qualità, il mantenimento dei boschi sani e produttori di vita, dei corsi d’acqua puliti e vitali,
per evitare il dissesto idrogeologico, la siccità, mantenere le strutture singole e nei borghi, la cultura della comunità, il significato della famiglia estesa.
Ho sopportato fin quando non ho visto negli occhi dei bambini, di mio figlio stesso, tutta la mia responsabilità di adulto scellerato, che ha contribuito
a ridurre in macerie non solo l’ecosistema, ma il pensiero montanaro, rivolto non più all’uomo come fine, ma al dio denaro.

Lei tiene lezioni di educazione ambientale nelle scuole e organizza passeggiate didattiche per far conoscere l’Appennino e le sue tradizioni. Possiamo dire che tra la Natura e la Storia dei luoghi appenninici esista una sinergia che rende questo luogo unico nel panorama turistico?
Certamente, come sopra ho citato, a mio parere, escluse le lezioni che tengo nelle scuole primarie di primo grado (elementari), già nelle scuole medie e superiori, non slego mai: Natura, Storia, Agricoltura, Tradizioni e Valori. Così come nelle passeggiate didattiche, le mie lezioni accorpano insieme
questi cinque grandi temi. Come noterà ho escluso la politica, ma non le Amministrazioni, spesso responsabili dirette o indirette di una serie di problematiche socio-culturali-ambientali importanti.

Lei si è occupato per la sua professione di rimboschimenti e ripristini ambientali. Nella sua lunga esperienza ritiene che sia stato fatto un lavoro apprezzabile o ci sia ancora bisogno di interventi per garantire un armonico sviluppo del nostro patrimonio boschivo?
Qualcosa di buono è stato fatto. Solo qualcosa. Il problema principale, ribadisco principale, nel mondo di chi gestisce l’Ambiente È LA MANCANZA DI
CONOSCENZA. Con questa base non si possono compiere che disastri, gettando peraltro soldi pubblici in impianti inutili, spesso dannosi. Mi spiego
meglio, all’inizio degli anni ’90, collaboravo con 250 studi tecnici dal Piemonte alla Sicilia (diciamo con almeno 500 tra agronomi e periti agrari), ai quali
si appoggiavano le Amministrazioni locali. Ebbene, anzi e male, di tecnici – forestali – preparati a realizzare: impianti forestali, parchi e giardini
pubblici e privati, ripristini o ingegneria naturalistica – con specie autoctone -, ce n’erano non più di 15 (su tutti il territorio nazionale). Traete voi le
conclusioni. La Natura è la vera insegnante, e la si conosce – E LA SI REPLICA – solo se la si frequenta: le cattedre, i saggi, le pubblicazioni universitarie,
le pezze al muro, servono a poco. Serve viverla la Natura, ma dall’interno.

Dal 2021 è membro dell’Osservatorio Regionale sul paesaggio. Quali saranno le sue proposte e suggerimenti per tutelare e promuovere il patrimonio paesaggistico della nostra regione?
Ribadisco quanto appena detto.
– Il mio progetto è favorire la conoscenza della Natura, appunto. Insegnare come ho sempre fatto, e faccio tutt’ora, dai bambini agli adulti, non solo a distinguere le specie vegetali, animali e minerali, – gli importanti meccanismi, o la filiera che dir si voglia, che lega tutti gli elementi presenti in Natura, noi compresi, fuori, in particolare sottoterra, che producono la vita -.
– Insegnare a produrre buon cibo sulla base della vocazionalità dei terreni, salvaguardare le tradizioni, i dialetti, soprattutto i principi fondanti
dell’uomo.
– Monitorare le criticità, segnalarle, dove è possibile sistemarle. Ho scritto ovunque che se ogni individuo si occupasse del proprio metro quadrato di
terra, avremmo risolto gran parte dei problemi.
– Promuovere l’Appennino giocando sulle unicità che lo caratterizzano.

Viva il Verde promuove tramite lo sport e altre iniziative il rispetto per l’ambiente e la natura in generale. Ritiene che iniziative come queste possano – e come – integrarsi con la sua attività di divulgazione e promozione delle tradizioni della montagna ?
Premesso che tutti i sistemi che portano le persone all’aperto sono da apprezzare, sport compresi. Come potete dedurre il mio andare per
l’Appennino è passeggiare lenta-mente, proprio per favorire grazie alla lentezza l’osservazione, l’ascolto, la riflessioni e l’analisi. Perciò le mie passeggiate sono a tema, diurne o notturne che siano, seguono le stagioni e i ritmi di Madre Natura. È Lei che mi detta il passo.